In una sperimentazione clinica il contratto viene, spesso, visto come qualcosa su cui trovare, il più velocemente possibile, l'accordo, per poi, finalmente, partire con la sperimentazione.
Essere rapidi è importante, prima si parte con lo studio, prima i pazienti avranno a disposizione terapie innovative.
Bisogna, però, fare in fretta con ponderatezza, non concedendo a controparte tutto ciò che vuole pur di chiudere, velocemente, la trattativa.
Ricordiamoci, infatti, che il contratto durerà per tutto il nostro studio ed alle prime incomprensioni tra i contraenti è all'accordo contrattuale che si farà riferimento.
L'agreement deve essere una costruzione solida ma, nello stesso tempo, flessibile: solida così da poter garantire i punti cruciali ed imprescindibili a cui i contraenti non vogliono rinunciare, flessibile perché un buon contratto – per essere tale – non può e non deve “ingessare” ogni ambito della sperimentazione.
Ancora: un buon accordo deve avere anche uno sguardo lungo, la sperimentazione dura molti anni, si deve davvero, nei limiti del possibile, prevedere quanto può capitare su un arco temporale molto ampio.
Avete notato con che frequenza è “spuntata”, ultimamente, nei contratti internazionali di sperimentazione clinica, la clausola c.d. di “force majeure”?
Questo è bene, si prendono così in considerazioni, per regolarli, eventi di forza tale per cui è oggettivamente impossibile resistergli (come, per esempio, una pandemia, che può rallentare l'arruolamento, ma che non deve fare della parte, che non riesce ad arruolare in tale contesto, un inadempiente).
Sono - gli eventi previsti nella clausola di forza maggiore - eventi che, per fortuna, non accadono di frequente ma che, come la realtà ci insegna, possono capitare ed è quindi saggio prevedere (attenzione però, non si deve cadere nell'errore che i casi di forza maggiore siano uguali in tutti gli ordinamenti giuridici del mondo).
Bisogna, ancora, sulla clausola di forza maggiore, prestare attenzione anche sotto un altro profilo: spesso, i contratti internazionali prevedono la possibilità di risolvere il contratto nel caso in cui l'evento integrante la forza maggiore perduri oltre un predeterminato periodo, ma in questo modo la clausola apre ad una ulteriore possibilità di risoluzione del contratto, da valutare, sempre, accuratamente.
Anche su argomenti più all'ordine del giorno, come la fornitura del farmaco, i problemi possono essere sempre dietro l'angolo (molto banalmente una fiala scade, cade, o - pensando a scenari meno consueti - una parte contrattuale potrebbe non essere, per ragioni di politica interna, più interessata alla prosecuzione della sperimentazione, molta attenzione si deve, quindi, prestare alle clausole che disciplinano il recesso e la fornitura del farmaco per essere “in sicurezza”).
Cosa voglio dire con queste righe, voglio dire che il contratto non è un documento che una volta firmato rimarrà in un cassetto (o in un file del nostro computer): mi piace sempre, piuttosto, immaginarlo come una barca che deve partire – puntuale e robusta - verso la nostra meta, il mare potrebbe essere calmo e allora il nostro veliero non sarà messo a dura prova, ma in caso di onde tempestose dobbiamo poter contare su un mezzo sicuro, sarebbe davvero pericoloso accorgersi, solo in mare aperto, che la nostra imbarcazione non sta reggendo alla tempesta.
Ecco, quindi, che un contratto di sperimentazione clinica, per essere costruito bene, richiede svariate competenze: una buona capacità di negoziazione per partire con lo studio in tempi rapidi, un'ottima padronanza del “sistema sperimentazioni cliniche” per comprendere quali aspetti richiedano delle clausole “blindate”, tanta, tanta, tanta dimestichezza con tutta la normativa riguardante le sperimentazioni ed infine la approfondita conoscenza di tutti gli istituti giuridici utili per la contrattualistica.
Solo così si può dare vita ad un buon strumento contrattuale, capace di reggere alle mille variabili che si possono verificare durante una sperimentazione.