Amo il settore delle sperimentazioni cliniche perché richiede svariate e specifiche competenze in più campi, questo lo rende sicuramente un settore complesso ma altrettanto stimolante.
C'è una cosa che dico sempre ad ogni nuovo Cliente con cui inizio a lavorare, questa: “confrontiamoci molto durante la stesura dell'accordo, perché costruire insieme un contratto - oltre a portarci al nostro principale obbiettivo, ovvero ad un buon contratto - è (in seconda battuta) anche un'ottima occasione per crescere professionalmente, entrambi” (acquisendo ciascuno, un po', le competenze dell'altro).
E così è stato, sicuramente per me, anche durante la stesura dell'ultimo agreement.
Ma voglio partire un pochino più da lontano.
Mi sono sempre chiesta, in questi anni, il perché di termini così “bellicosi” nella ricerca: arruolamento (del paziente), reclutamento (del paziente), (studi di) coorte, battaglia (contro la malattia) e così via.
Non mi ha mai entusiasmata questo linguaggio “militare”, più che uno studio clinico mi evocava il “De bello gallico” di Giulio Cesare (il cui stile asciutto, semplice e senza orpelli, peraltro, adoro).
Ma lì, nel De bello gallico, coorte, arruolamento, reclutamento, battaglia, hanno un loro senso, nell'ambito sanitario, invece, questa terminologia mi è sempre parsa una notevole “stonatura”.
Però la terminologia usata era questa e io … mi adattavo (questi termini, infatti, esulavano dalla mia competenza giuridica e non mi azzardavo, proprio io, a modificarli).
Fino all'altro giorno.
Ovvero fino quando, nella clausola del contratto che si riferiva alla documentazione da predisporre per i partecipanti allo studio è comparso, voluto dalla Mia Cliente (guarda caso una associazione di pazienti), un impegno che mi ha entusiasmato, questo:
“Si precisa che, in un orizzonte di scienza partecipata, i termini arruolamento e reclutamento negano al paziente il riconoscimento del ruolo di partecipante attivo e depotenziano il consenso informato inteso come processo inclusivo e libero. Le parti si impegnano, pertanto, a garantire che tali termini non vengano utilizzati in alcun documento per i partecipanti”.
Nelle linee guida che creo (ed aggiorno continuamente) per i miei contratti adesso figura, “in prima fila”, anche tale obbligo.
Ecco, quando dico al mio Cliente che in un contratto si cresce insieme, intendevo questo.
L’ Associazione dei pazienti mi ha evidenziato un rilevante profilo etico che, veicolato in una clausola, ora ha un ruolo di primo piano anche nella mia check list.